egli annoverato tra i ptimi, che abbia l'Italia, Alberto Lollio nella orazione della concordia chiamail Bentivoglio luce, e fplendore della Comica poefia: anzi altrove antepone quefte alle Commedie dell' Ariofto: Percio non fenfa fondamento i Varchi nel fuo Ercolano, chiamando il Bentivoglio eccellentiffimo in far Commedie al pari dell' Ariofto, fi rimette al di lui giudizio intorno alla qualità del verfo, che debbe comporle, ed ama piu l'endecafillabo di quefto, che lo Sdrucciale del Ariofto.
LILIUS GREGORIUS GIRALD |
Ngens ô decus Aonum fororum Firma & Bentivolæ domus columna Hic verfis tibi frontibus repofta eft Scena, & fcenicus omnis apparatus > Ludi, Paegmata, vela, ludiones, Omnes denique scenici poetæ : Quæ dono tibi cuncta deftinamus Tuo digna favore, fi putaris, Quare te decet æftimationi Rectè confulere utriufque noftrum,
Cui dono damus hos duos libellos, Incultos licet, & parum pulitos Hercules, tibi ? qui columna folus Nunc es Bentivolæ domus relicta, Et quidem tibi jurè qui Gyraldi. Soles nonnihil æftimare nugas. Dianam, & Bromium hic Deos habebis Hunc Scene patrem, & Enthei furoris: Venatrix alia eft Dea, & remota,
Has legas, rogo, poft tuas camcenas, Vel quæ Lydia, vel Latina cantant, Culto (Jupiter) aureoque plectro. Quare hoc, quicquid id eft, tibi dicatum; Di faxint mancat, precor, perennè, Noftra nota fides fit ut perennis.
O non fui sempre cofi vinto, e ftret.
Nei tenaci di Amor nodi foavi; Come, poiche fon fatti i miei di
Per fciagura conviemmi effer foggetto. Tempo già fù, che di adamante il petto Ebbi, e fola Ragion tenea le chiavi : Tante da fcoglio rotte non fur navi, Quante fpuntò faette il mio dispetto. Or, poiche manca la fiamma nativa? Amor con fue facelle un nuovo foco Mi crea dentro le vene, e m'avvalora: E ciascun, che di me ftupiffi allora,
Or ride ch' entrai pur nel trifto gioco s E la vergogna più mia fiamma avviva.
Benche l'invida età col duro morfo Ogni cofa mortal ftrugga, é confume; Benche abbiate lo spazio di fei brume, E di otto luftri omai vivendo corfo : Dio contra gli anni vi da tal foccorfo, Contra ogni antico natural costume; Che in voi crefce beltà fplendore, e lume: Quanto degli anni più fen vola il corfo. Ben fidee por trà le beltà celefti
La vostra che giammai non pate scempio, Nè vaghezza, ò color tempo le fura ; Ben fi può dir, che da voi vinta resti La poffanza degli anni; el deftin empio, E l'ordine dei Fati, e di Natura,
Nell' Ocean più fcuro, e più profondo Stiafi d'invidia, e di vergogna pieno Il Sol nafcofto; e verfo il Ciel fereno Non alzi fuor dell' alghe il capo bionde. Voi fete il primo Sole, egli 'l fecondo. Però vinto da voi, che luce meno,
Diavi 'l carro, ei cavalli, e in mano il freno, E 'l grande uffizio d' illuftrare il mondo. Beata voi, che 'l Cielo amico avefte;
Che far potete il Verno Primavera: E fete il Sol più chiaro, e più celefte: Ben' è dunque ragion che andiate altiera, Donna, e portiate nella bella veste Per un trofeo del Sol vinto, la sfera,
Non vide dietro à fuggitiva fera Delo, nè Cinto, ne l' erbose rive D'Europa mai trà le fue Ninfe dive Diana bella, e oneftamente altera: Come voi fete in fi lodata fchiera; Che con le luci troppo ardenti, e vive Fate l'altre parer di beltà prive,
Non fenza invidia de la terza sfera : La gran Citade, à cui fremono intorno De l'Adriaco mar l'onde fpumofe, Stupifce intenta al voftro afpetto adorno Il Po, ch' ode l'onor trà l'amorose Donne à voi darfi, benedice il giorno, Che vi produffer le fue rive ombrose.
Poiche lasciando i fette colli, e l'acque, E le campagne del gran Tebro mefte, D'illuftrar quefte piagge, e premer quefte Rive del Po col vago pie vi piacque : Ogni baffo penfier spento in noi giacque, E un bel defir, un dolce Amor celefte Quel primo di, che à noi gli occhi volgefte, Alteramente in mezzo 'l cor ci nacque, Fortunate forelle di Fetonte,
Che udir potranno alle lor ombre liete I dotti accenti, che v' infpira Euterpe : Potefs' io pur con rime ornate, e pronte', Come 'l defio, dir le virtù ch'avete s Mà troppo à terra il mio ftil basso serpe.
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