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Venire'n quefta terra: che fo certo

Che quel rubaldo è qui ? TR. Come'l fapete? BR. Un certo amico mie ch'a di passati

Venne da Roma: & molto ben conosce
La Gianna, e'l ruffian che me l'ha tolta,
Mi diffe averla vista in quefta terra?
E aver intefo anchor, che quel rubaldo
Qui la tiene à guadagno: ond'io costretto
Dal grande amore, & da la voglia grande
Di far le mie vendette, & di tagliare
Quefto ghiotton'in piu minuti pezzi,
Che non fi taglió mai cocuzza, o rapa,
Son venuto qui appofta, TR.O Dio mi viene
Compaffion di lui. BR. Se me gli accofto
Con questa roncha mia. TR. Gli darà dove
Si foffiano le noci, BR. Se tu'l vedi
Prima di me, di pur che fi confeffi,
Et faccia teftamento; & raccommandi
A Dio l'anima fua. TR. S'io glie'l diceffi
Potria fuggir da Roma fi lontano
Che non l'amazzareste. BR. Fugga in India ›
Fugga in Turchia; fugga dov'egli vuole,
Ch'io lo voglio amazzare. TR. O povero Vo,

mo,

Mi par gia di vederlo tutto pefto;

Et tutto fangue in terra. BR. Darà effempio
A gli altri: vo che tutto'l mondo tremi
Al fuon del nome mio. TR. Che bel berfa
glio

Da fcacciate. BR. Ma andiam pur a la prima
Ofteria che troviamo: ho la maggiore
Fame ch' aveffi mai: e incontanente
Da poi ch' avremo definato, voglio
Ch'andiam fpiando, & domandando tante
Che lo troviam. TR. Voltianci a quefto can-

to:

Andiam verfo la piazza di fan Piero,
Come pur dianzi n'insegnó quell' Vome.

Il fine del fecondo Atto.

ATTO TERZO.

SCENA PRIMA.

TRUFFA RUFFIANO, FAUSTO AMANTE.

O

Rsu m'avete intefo meffer Faufto:

un

Fate pur un buon animo: ponete
Da canto ogni rispetto, e ogni paura ?
Che chi'n amor è paurofo, & vile

Di rado anzi non mai fa cofa buona:
Si che andatene pur ficuramente

A ritrovarla : & non perdete'l tempo
Per voftra dapocaggine di corre
Quel frutto dolce piu quanto è piu acerbo
Che nel fuo bel giardin vi serba Livia.
FA. O me d'ogni altro piu felice amante,

S'oggi ftringo io quella fi bella mano. TR, Quella barba pofticcia, ch'io v'ho concia, Sopra la voftras appunto è lunga, & bigia) Come quella del medico: parete

Maftro Ermin propio all'abito, all' aspetto i FA, O licto, o dolceo fortunato giorno,

Et piu d'ogni altro candido, & fereno
Degno d'onore, & di memoria eterna ;
Se vano oggi non fia quefto difegno:
S'a la mia bella Livia, come bramo,
Poffo oggi dir tutti gli affanni miei.
TR. Io non voglio venir con voi piu oltre s
Per piu rispetti: Io vado a casa mia
Ad afpettarvi infin, che voi torniate:
Per riveftirvi poi de i voftri panni.
FA. Afpettatemi dunque, TR, Ite felice:
O Dio che buon uccellator fon io:
: Non vi par ch' abbia prefi a la mia rete

Duo begli uccelli l'un giovine, & fciocco
Et l'altro vecchio ? non farei piu pazzo,
Se non toglieffi lor le penne maftre?
A l'un penfato ho gia moccar la cresta:
All'altro impegnerò la fcorza roffa ;
Et poi truccheròvia per la calcofa.

SCENA SECONDA.

S

FAUSTO. NASPA,

E mai fufti piacevole, & benigna s Se de lo ftato uman giamai t' increbbe; Se ti muove a pieta priego mortale; O fortuna, afpira oggi al mio disegno: Afpira priego a un amorofo inganno : Fa che profperamente mi fucceda: Fa oggi fpenga quefta ardente fete Co'l dolee umor di nettare, & d'ambrofia Che da la bella bocca efce di Livia; Non effer oggi forda a i giufti prieghi D'uno infelice, & fconfolato amante : Perch'è ben tempo omai trarlo d'affanno. NA. Ah sciaurata me: deh fuss'io morta

Meschina me. FA. Voglio ir cofi pian piano Verfo la cafa, NA. O misera, e infelice S'io lo perdeffi. FA. Pur ch'io truovi aperta La porta, che picchiar non mi convegna. NA, Et come potrei piu vivere al mondo Povera fciaurata. FA. Che lamento E quello ch'odo? NA, O pover mio marito O marito mio caro, FA. Ch' ha costei Che grida cofi forte ? NA. Pur ch'io trovi A cafa quefto Medico; ch'intendo

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