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ATTO PRIMO.

SCENA PRIMA.

GOBBO CASTALDO, NEGRO SERVO,

H rubaldi golofi ingrati fervi
Cofi fi fa quefta è la bella cura
Ch'avete de la robba del patrone ?

Io non poffo tacer, crepo di do

glia

Mi fcoppia il cor di compaffion, veggendo
Andare à male tanta robba, andare

Il giovine ognidi di male in peggio:
Dapoi che'l noftro vecchio poverello
Da noi partiffi, o poverello vecchio
Che lo rubbate, & lo mangiate tutti.
NE. Ch' ai tu nel capo bèstia, che fi forte

T'odo gridar dinanzi à queste porte?

GO. La gran pietà. Ch' ho del patron, la grande

Ingratitudin voftra, che gli ufate

Il Riccio, & tu, cofi gridar mi sforza. NE. Farefti meglio à girtene à la Villa

Ove'l Patron t'ha messo caftaldo

per

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A guardar le fue pecore, e i fuoi buoi. GO. Oh, fe ritorna mai di terra fanta per fua divozion è gito

Ove

Il mio vecchio patron meffer Bafilio,
Io fpero in Dio che vi vedró amendui
Co i ferri a i piedi, & con la fune al colle
Strafcinat per la terra, & porvi'n croce
O mettervi berfaglio all'uova matze :

ch'andrete a voltar fempre'l piftrino:
O fol d'acqua pafciuti & di bifcotto
A maneggiar in vita voftra il remo.
NE. Deh pon fine à le ciancie : & vivi'n pace
Et lafcia viver noi à noftro fenno.
GO. Le tue minaccie non potran giamai
Sbigottirmi, che taccia; & che non dica
La crudeltà grandiffima ch'ufate
Indegnamente al mio patrone: il quale
Quel di che fi partí di questa terra,
D'una ora inanzi che fu la carretta
Montaffe per andare à Francolino
Dove imbarcoffi poi verso Vinegia
Ti fe chiamare : & ti traffe da parte:
Et ti raccomandó prima il figliuolo,
Et poi tutta la cafa: e'n man ti diede
Di tenerezza quafi lagrimando
Le chiavi de i forcieri, & de le caffe

Tutte', & de la cantina', & del granaio :
O come troverà le robbe fue

Ben cuftodite, come ei torna: o come
Ben coftumato troverà il fuo Fulvio.
NE. Le tue ciancie orgogliofe ti faranno
Romper la refta Villanel ftroppiato,

Che puzzi d'aglio fi che tu m'ammorbi CO. Patienza: non poffiam tutti fapere Come tu, di zibetto ne di muschio: Ne mangiar quei bocconi faporiti: Che mangi tu fera & mattina, a spese D'efto infelice vecchio: la cui robba Avete quafi tutta confumata

Con parafiti & con puttane. NE. Taci. GO. Non era in quefta terra il piu gentile Il piu difcreto giovine di Fulvio ; Ne'l meglio coftumato ne'l piu favio Or è per colpa tua Negro il maggiore Puttanier d'efta terra, NE, Tu ne menti Per la gola poltron: ch'egli è da bene 3 Et non fei degno pur di nominarlo : Et fe tu vai piu dietro cicalando; Se di qui non ti levi, se non vai A far l'uffizio che dei far in villa, S'io rompo la pazienza, quattro denti Con quefto pugno ti trarró di bocca. €0. Io ti trarrò di bocca quella lingua Ch'ardifce or minacciarmi, fe mai Die

Concede grazia al mio patron ch'ei torni. NE. Caftalduccio poltron. GO. Servo rubaldo. NE. Pastor di vacche, GO. Anzi pastor di vacche

Sete voi che pascete le puttane :

Le mie almen di poco fon contente,
Le vostre insaziabili, & dannose.
NE. Volto di boia se piu ciarli, GO. Volto
D'impiccato, s'ardifci di toccarmi,

NE. Spallaccie da bafton, GO. Faccia da pugni,
NE, Ti romperó coteste masciellaccie
D'afino in mille pezzi, se non vai

A la tua via, se non ti parti or'ora.
GO. Io voglio dir' al tuo marcio dispetto
L'ingiuftizia ch'ufate al mio patrone,
Ei voftri errori infin ch'avrò la lingua.
NE, Ma dapoi che non giovano le tante
Minaccie mie, dapoi che non si parte,
Ch'indugio piu, che non adopro omai
Quefti miei pugni ch' hanno rotte, & fparfe
Tante cervella, & tante offa fiaccate
A dugento poltron miglior di lui?
GO. Oime le fpalle, oime: perche difendo
Il mio patron, coftui mi batte, NE, Ancora
Ardifci di gridar. GO. Se tu mi batti
Perche gridar non debbo? NE. A quefto modo
Si trattano i poltroni GÖ. Oime li fianchi:
Non piu ch'io vado via, NE, Vanne'n malora..
GO. O Dio concedi tanta grazia al vecchio

Che tofto torni di Gierufalemme,

Accio ch'ei faccia le vendette mie,
NE. Pur' al fin s'è partita quefta beftia
Importuna, & fuperba: che fi vole
Pigliar cura di quel ch'à lui non tocca:
Se Fulvio mio patrone è innamorato
D'una puttana, & fe le dona ogn'ora
Vesti, & danai, fe fpende largamente
In far cene, & banchetti, s'egli impegna,
Et fe confuma il fuo, che n'ha far egli ?
Se la robba è la fua fpender la puote
Come egli vole: egli ha venticinque anni
Forniti & di tutor non ha bisogno:
Et poi Dio fa quando mai piu fuo padre
Ritornerà di fi lontan paese,

Ove'egli è gito che passato è l'anno
Che s'imbarcò in Vinegia con molti altri,
Ch'andavano al sepolcro ; & da quel giorno
Ch'e 's'imbarcò, non ne fappiam novella:
O ch'i Turchi, o ch'i Mori hanno la nave
Dove era, prefa: & posto in ceppi lui:
O ch'ella ha dato in scoglio, & s'è sommer-

fa

Per gran fortuna, & impeto de venti:
O che la ftaffi in qualche ofcura grotta
A far di fue pazzie la penitenza:
O ch'è morto di fame, & di difagio:
Ma lafciamolo andar, che s'egli è morte
(Requiefcant in pace) gli è fuo danno:

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