O1, che con gli occhi ogn' or languidi, e molli
Ite fpargendo dolorofi accenti,
E d'Amor fpinti per folinghi colli,
Dite il duol voftro a i bofchi, all' erbe, a i venti Leggere i miei vani defiri folli
Cagion del duol, cagion de mici tormentis Conforto aureté udendo effer il mio
Duol, forfi più del voftro acerbo, e rio. II.
Poiche crudel mi fosti in tormi il core,
In darmi amara vita, in abbruciarmi ; Deh almen fiami cortese in dar,ò Amore, Al baffo ingegno mio fublimi carmi; Perch' io canti altamente il mio dolore, E la poffanza delle tue fiere armi: Con quella man che porta, la farétra Scorgi la penna mia, reggi la cetra.
Dal verde grembo fotto il vago Cielo; Flora alla terra i fior fpargendo giva; Li quai, ficuri già da nevi, gelo, Col dolce fiato Zefiro nodriva :
Perche ornamento delle piaggie, e velo Foffer de colli, e viste d'ogni riva : Cantava Progne, perch' ai campi adorni,. Menava April i bei sereni giorni.
Quando d' ogni ripofo, e di ragione Spogliommi Amor, e mi sommerse in doglie E d'afpri nodi cinto, in ria prigione Mi chiufe, ne 'I crudel ancor mi fcioglie: Laffo: il defir d'ogni mio error cagione. Mi fè feguir chi libertà mi toglie: Laffo: che fu una luce troppo vaga; Cagion di questa mia profonda piaga..
Era al meriggio il Sole, e le fegrete: Ombre cercava ogni animal feluaggio Dava il Pastor a i fpirti fuoi quiere ;. Fuggendo all'ombra il caldo folar raggio s Cantava rime amarofette, e liete
Il Roffignol fopra l'amato faggio;
Quando mi spinfe il penfier grave, e fofco › Per vie folinghe à un vago ombrofo bofco..
Fofciache quel penfier condotto m' ebbe^ · } Stanco, et afflitto al dilettofo loco, Il corpo qual amando ognor m'increbbe Stefi trall'erbe, e i fior languido, e fioces Mà quivi nel mio petto il penfier crebbe, E più s'accefe; e più fù ardente il foco; E quel penfier cofi focolo eftinto M'auria; mà tofto fù dal fonno vinto,
Tra i rami de ginebbri orridi, & irti Il fremito di fresch' aure gioconde, E la dolce ombra delli verdi mirti, Che mi coprian con l'odorate fronde, Induffer fonno alli miei ftanchi fpirti;. E chiufer gli occhi fonti d'amare onde :: E quel pietofo fonno fece ch'io Quel gravofo penfier pofi in oblio,
Agli occhi miei dal fonno ciò, che prima Vedean, fù tolto, e un altro oggetto dato :: E fotto un più feren, e vago clima Parea ch' io foffi in più piacevol ftato 5 Perch' un lieto palazzo in l'alta cima D'un bel monte, veder parea da un prato ;;
Qual con la nova, e più serena vista Tolfe il penfier noiofo all' Alma rrifta,.
Sonno, che porti fotto le 'negre ali, Ovunque voli il tuo foave oblio, Certo che ti dourebbono i mortali Celebrar più, che ciascun altro Iddio : Mà più di tutti ogn'or grazie immortali Di tal fervigio render ti debbo io: Si ch'i miei fpirti effáltan quanto ponno, Il tuo dolce valor, piacevol fonno.
Stavo pien d'infinita maraviglia Nel bel fiorito, e dilettofo piano, Quando un canuto con fevere ciglia, Vidi venirmi incontro di lontano; Qual diffe giunto à me; chi ti configlia Giovine immerso in error cieço, e vano › A far tal via, che fol gli erranti fanno Che dal dritto fentier fmarriti vanno ?
Quello è il palazzo, e questi i regni fone ; Doue il crudel tiranno il fcettro tiene s Ch' a fuoi fequaci mai non diede in dóno Altro che pianto, e dolorofe pene: Non ha pietade à chi chiede perdono, Nè giamai lafcia guftar Uomo il benes Anzi gli e un tarlo, che vi rode il petto E un ladro, che vi rubba l'intelletto.
Il mio giufto parlar pietoso, e vera Volgati altrove più ficuramente: Fuggi il loco crudel, fuggi il fentiero, Il qual ti mena alla Città dolente; Dove trionfa il difpietato Arciero Della mifera cieca mortal gente: Ch'io fol
per far, che tu fervo non foffi; Con fretta grande à venir qui mi moffi,
Pofto ancor fin il vecchio non avea Alle parole di pietade accefe, Quando fopra un bel carro l' alma Dea Madre d'Amor dal vago monte scese: Et volta à me col vifo, che fplendea, Più che piropo, per la man mi prefe;- Poi diffe; figlio à me volgi l'orecchio ; Et io mi volfi, & allor fparue il vecchio, XIV.
Stavan al carro fuo due bianche augelle, Che non s' istancan mai notte, nè giorno j E mentre van pel Ciel fereno quelle, Mille foavi odor fpargon d'intorno. Il vago carro è d'infinite, e belle E ricche perle lucido, & adorno: Un nuvoletto lafcivo dai rai
D'Apollo non lo lafcia offender mais
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