Si vedean ftar fopra un bel colle quivi Giovani, e donne all'ombre de gli faggi E tra i vaghi bofchetti, e freschi rivi Errar ficuri gli animai felvaggi s E ogn'or più temperati, e più lafcivi Parea Febo drizzar soi vaghi raggi: Parea rider la terra; perche Flora Di bella vefte l'adornava ogn'ora,
Quefto quel fecol fù; quando reggea Saturno il mondo l'ottimo fignore: Beata età; ch' allor non fi fapea ; Che cofa foffe invidia, nè furore: Nè 'l miler Mondo l'avarizia rea Posto avea ancora nel perverfo errore:: E non eran allor le genti mefte; Perchè doleffer lor ftomachi, ò teste.
O Prometeo crudel di te fi dole
Il Mondo; e giusti son gli foi lamenti za Ch' avefti ardir di torre il foco al Soles Accoftando la verga a i raggi ardenti; Onde Giove adirato, che dar fole Sempre a chi 'l fprezza i debiti tormenti, Qua giufo a noi mandò dal Cielo tutti Gli diri mali, e morbi atroci & brutti,
E poi da un' altra parte fi vedea Arianna da Tefeo lafciata al litos Laffa, perchè ten fuggi (dir parea ) Che promettefti d'effermi marito? Questo non è quel che mi promettea La blanda voce, e 'l tuo parlar ardito; Hai date a i venti, ò perfido, ò crudele, Le tue promeffe infieme con le vele.
Or pigli effempio a i fecoli futuri Ogni donna dal ftato ove or io fono ; Nè alcuna fia che creda ad Vom che giuri, Nè ch' alcun Vom fia più fedel, nè bono :: Gruran, prometton questi ingrati, e duri Quando di noi bramofi, e caldi fono:: Poi che lor voglie lor abbiam concefe,. Non curan giuramenti, nè promeffe.
Sciolti i bei. crini avea, le labbra smorte, Né d'alcun velo il bel perto coperto : E foggionger parea, piangendo forte: Mi fei crudel, e troppo ingrato certo: Tu mi laffi alle fiere, & io da morte Titrafli or quefto è'l guidardon che io merto Non fai crudel perche viveffi ch' io
Yolli reftar fenz'il fratello mio
Se 'I matrimonio mio non ti era al core; Teco ifchiava menarmi almen dovevi: Perch' io ti fervirei, come fignore, Mi ferian dolci le fatiche, e levi: Mà perch'indarno conto il mio dolore A i fordi venti; e mie fciagure grevi :: Laffa, pafto farò d'un Lupo ò d'Orfo Poi ch' Vom non è che qui mi dia foccorso, X X X VII.
Poi fi vedea tutto pietofo, e umano Bacco ch' iva a trovarla fu quel lito ; E confolava lei, che mesta in vano Si dolea della fè del fuo marito : Sull'afinel con un gran fiafco in mano;; Seco era il vecchio da cui fù nodrito: Li Satiri facean co gli alti gridi, Riffuonar tutti quei folinghi lidi,
Poi Bauci col fuo caro vecchierello Si vedea fotto un pagliareccio tetto 3 Ella era curva e tutta grinze; e a quello La bianca barba copria tutto il petto: Riccamente ambi nel lor vile oftello In mutuo amor vivean fenza fofperto : Polcia a duo Dei fi vede ella ch'ingombra Di ruftiche vivande il defco all' ombra,
E poi fi vede andar ardita, e presta Al loco, ove nascosto era il carbone g E quello fcuopre, e col fiato lo defta; E fronde abrucia à tal bifogno bone: E poi che gettan fiamma,ella non refta Di portar legna, e fopra quelle pone Al foco il pentolino ; e poi l'erbette Colte dal fuo marito,entro vi mette,.
Nei vafi vili come foffer d'oro
Li fommi Dei mangiaro allegramente: E quei ruftichi cibi forfe loro
Fur come Ambrofia grati fommamente; Mà grati lor, più ch' ogni cofa foro Il buon voler, e la faccia ridente, E le benigne accoglienze di quelli a Cortefi e liberali vecchierelli.
Diffe la Dea; non stanz'in gli palagi Regali e nelle corti invidiofe
La correfia, trà gli Uomini malvagij E nemichi alle belle opre famofe: Mà trà color, che lieti in gli difagi* Vivon trà folitarie felve ombrofe: Anzi fi trovan or nelle Cittadi L'Ambizioni, invidie, e fimultadi.
Ne gli palazzi de gli gran fignori Quefta bontà nomata cortefia, Che gia pregiaro i generofi cori; A quel buon tempo, or come cofa ria E difcacciata; e fol s'attendè a onori; A far altrui ingiuria, e villania : Oduro Mondo: ò fcelerati tempi Fieni di animi avari, iniqui, & empi..
Quanto vivon color meglio, che ftanno Trà monti con l'amata famigliola :: Si vede l'Ape quando è caldo l'anno Ch' i bei fioretti al prato adorno invola S'ode la villanella senza affanno, Cantar filando alla dolce ombra fola :: S'ode la melodia de vaghi augelli, E 'l mormorar de limpidi rufcelli,
Quanto giova con l'aglio alla vil menfa
Scacciar la fame senza noia al core:
Quanto giova veder all' ombra denfa. Urtarfi i fier montoni per amore;
Quivi alli regni, e a pompe non fi penfa;, Quivi non è defir di fama, e onore ; Mà una quiete d'animo che giova; Più che refori, e regni a chi la piova,
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