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Mais avant de reprendre le cours de mon étude sur le développement de notre connaissance de la tuberculose, avec les auteurs du XVIIe siècle (car avant, nous ne rencontrons rien qui soit digne d'être signalé), qu'il me soit permis de réunir tous les noms que j'ai pu recueillir, et qui furent employés, aux diverses époques, pour désigner la tuberculose du bétail. Je n'ai exclu de cette liste, que les termes indiqués par Morot, que j'ai rapportés plus haut, parce qu'ils m'ont paru trop incertains.

La variété presque infinie de ces termes nous montre bien, à elle seule, que, jusqu'à ces dernières années, on n'avait aucune espèce de notion précise sur cette maladie; et il nous faudra arriver, en effet, à une époque tout à fait voisine de la nôtre, pour voir les hommes se rendre nettement compte de ce que l'on doit entendre par les termes employés pour désigner les diverses manifestations de la tuberculose du bétail.

Le mot français le plus ordinaire, pour la tuberculose du bétail est << pommelière », caractérisant les tumeurs des séreuses qui ressemblent à des pommes ou à des grappes de pommes, non pas à des pommes de terre; puisque, en réalité, le terme serait beaucoup plus ancien que l'introduction du tubercule. En effet, Morot, s'appuyant sur l'autorité de Littré, pense que le terme pommelière est déjà représenté par les vieux termes français qui l'auraient précédé, ou qui en sont des corruptions, ou des modifications: pommelée, pommellerie et pennelière.

Tout cela est possible, mais je ne m'en porte nullement garant, car j'avoue ne m'être pas préoccupé d'étudier la question à fond; non plus d'ailleurs, semble-t-il, ce qui paraîtra plus étrange, que ne l'a fait Morot lui-même. On trouve encore, en français, les appellations de phtisie calcairée et de phtisie crétosée. Il existe probablement encore beaucoup d'autres termes, mais je ne les connais pas et je ne sais pas s'ils ont été recueillis.

D'après Creighton (1), qui cite Valley et d'autres auteurs anglais, à la vérité fort peu nombreux, car la bibliographie anglaise de la tuberculose bovine est bien pauvre, le terme anglais le plus usuel pour désigner la tuberculose bovine, serait grapes, qui signifie raisins, grappes, en raison de l'aspect des tumeurs perlées. On

(1) Charles CREIGHTON, Bovine uberculosis in man, with illustrations. London,

1881.

trouve encore Angleberries et Duckweed; ce dernier mot signifie aliment de Canard, correspondant à l'allemand Meerlinsigkeit, lentilles d'eau.

En allemand, les désignations sont innombrables, et cette abondance tient peut-être à ce qu'elles ont été recueillies avec plus de soin. Franzozenkrankheit, ou simplement Franzozen, Venerie, Geilsucht, Geile Seuche, Nymphomanie, Satyriasis, Stiersucht, Monatsreiterei, Unreinigkheit, Rindshammen, Krannen, Pockenkrankheit, Grannigt-, Finnig- ou Krättig-Sein, Hirsesucht, Traubenkrankheit, Zäpfigkeit, Zäckigkeit, Meerlinse, Meerlinsigkeit, Drüsenkrankheit, Sarkomdyskrasie, Perlsucht, Perlschwindsucht, fibröse Tuberculose, primäre Tuberculose der serösen Haute, Rindstuberculose. Morbus gallicus boum, Cachexia boum sarcomentosa, Sarcomatoses infectiosa, Sarco-tuberculosis boum infectiosa, Tuberculosis serosa boum, Cachexia vaccarum tuberculosa, Tuberculosis pleuralis, Tuberculosis boum fibromatosis, Margarosis, Lungenswindsucht, Lungensucht (1).

Enfin, Viborg (2) a introduit dans la terminologie danoise servant à désigner cette maladie, le mot Parresyge, à peu près équivalent à nymphomanie ou satyriasis.

Ajoutons encore que les bêtes atteintes de Perlsucht, accusées de sodomie et probablement considérées, pour cette raison aussi bien que pour leur irrésistible appétit sexuel (nymphomanie, satyriasis), comme «possédées », au moins à un certain degré, furent brûlées jusqu'en 1783. C'est à cette époque que la Prusse, bientôt suivie par les autres nations, réagissant contre les notions précédentes, que l'on considérait comme des superstitions, mais n'ayant pas la moindre notion que la pommelière, le mal des Français, la Perlsucht du bétail, pussent être de même nature que la tuberculose humaine, ni que la chair ou le lait des animaux atteints de ces maladies pussent être dangereux pour l'Homme, rendit entièrement libre le commerce de la chair et du lait des animaux tuberculeux.

(1) Les termes allemands ont été recueillis par A. JOHNE, Die Geschichte der Tuberculose mit besonderer Berüchsichtigung der Tuberculose der Rindes und die sich hieran knüpfenden medicinal-und veterinårpolizeilichen Consequenzen. Deutsche Zeitsch. f. Thiermedicin u. vergleichende Anatomie u. Pathologie, IX, p. 1-88, 1883.

(2) VIBORG, Veterin. Selskabets Skrifter, Kjøbenhavn, 1818, t. III, p. 125.

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La psittaccosi, malattia da infezione, cui vanno soggetti i Pappagalli di importazione americana, conosciuta già da molto tempo, è stata però studiata con cura soltanto dopo che si potè dimostrare la sua trasmissibilità all' Uomo.

Gli animali più atti a ricevere l'infezione sono quelli di recente importazione; e si è notato pure che la giovane età ve li predispone egualmente, come la mancanza di cura, la cattiva alimentazione ed il difetto di aerazione.

L'Uccello preso dal male cade per 8 a 10 giorni in una sonnolenza quasi continua; è immobile, non mangia, deperisce, ha diarrea continua, le piume irte, le ali cadenti, presenta cioè tutto il quadro di una enterite a decorso cronico.

. Nel 1879 il Ritter pel primo richiamò l'attenzione degli studiosi sopra una epidemia familiare di polmonite, in individui, che ospitavano Pappagalli affetti da enterite mortale; ed il rapido insorgere di questa malattia nei numerosi membri della stessa famiglia fere cadere giustamente il sospetto sopra tali Uccelli, recentemente importati da Amburgo. Ma il Ritter non sospettò che essi fossero i trasmissori della malattia all' Uomo; invece credette che ne fossero veicoli, avendone preso i microbi dagli oggetti coi quali avevano viaggiato.

Analoghe osservazioni furono fatte da Ost di Berna nel 1862, e da Wagner nel 1885..

L'Eberth nel 1880 e poi il Wolff nel 1883 richiamarono pei primi l'attenzione su questa micosi mortale dei Pappagalli. Questi autori alla autopsia trovarono Micrococchi in quasi tutti gli organi e specialmente in numerosi noduli grigi nel fegato; l'intestino pre

sentava moderato catarro; di rado si osservavano ulcerazioni superficiali nel tenue, senza reperto microbico.

Nel 1892 si manifestò la prima epidemia del genere a Parigi : ed allora il Netter ed il Gaston dalle deiezioni diarroiche e dalle ali di questi animali infetti, isolarono dei bastoncini e diplococchi, che iniettati nei Topi ne cagionarono la morte in 48 ore per setticemia, la quale era caratterizzata dalla presenza nel sangue di un piccolo bastoncino, sottile, con i caratteri di forma e di coltura del Bacillo della setticemia dei Topi.

Ciò avveniva con le inoculazioni di colture ricavate dalle deiezioni dei Pappagalli; mentre che le ali di questi Uccelli dettero, dietro l'inoculazione nei Topi, lunghi Bastoncini e Bacilli sottili e Diplococchi dissimili allo Pneumococco.

Una epidemia successiva si ebbe durante il 1893, e poi nel 94, 95 a Firenze, a Prato; a Genova nel 1897, ed infine quella recentemente notata da Leichtenstern in Houl.

Per la grande mortalità che presentano queste epidemie umane (75 a 80 per % dei colpiti), gli studiosi si dettero con ogni insistenza a ricercarne la causa.

Il Piter ed il Triboulet fecero altri tentativi batteriologici, ma fu solo nel 1893 che il Nocard riconobbe un Bacillo specifico della psittaccosi, e gli diede il proprio nome. Egli lo coltivò, ricavandolo dal succo midollare delle ossa di Pappagalli affetti dalla enterite cronica, e ne descrisse i caratteri.

E' un Bacillo corto, tozzo, con estremità arrotondate, anerobio facoltativo, estremamente mobile. Si sviluppa rapidamente sulla maggior parte dei terreni ordinari culturali solidi o'liquidi, purchè la reazione del mezzo sia neutra o lievemente alcalina. Non si colora col metodo di Gram, non liquefà la gelatina, non fa fermentare il lattosio, non coagula il latte, è patogeno non solo per il Pappagallo, il Piccione, ma anche pel Topo, Coniglio, Cavia, Pollo, ecc.

Se questo Bacillo viene inoculato nella trachea, nel peritoneo o nelle vene degli animali, essi muoiono in meno di 48 ore di setticemia emorragica, si nota che tutti i tessuti sono congestionati e presentano il Bacillo specifico; questo esiste anche nel sangue, ma in piccolissima quantità, nondimeno tutti gli innesti fatti col sangue riescono anch'essi positivi.

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Inoculato sotto la cute o nei muscoli, o mescolato agli alimenti, il batterio produce effetti meno costanti o meno rapidi, tuttavolta la morte può avvenire anche in due a tre giorni, ma per lo più avviene per diarrea ed esaurimento in 8-10 a 15 dì. Qualche volta gli inoculati resistono, e lentamente si ristabiliscono. Le lesioni prodotte in queste condizioni sono sempre quelle di una setticemia emorragica intensa, e tutti i visceri presentano lo stesso microrganismo. E questo è così facile a trasmettersi, che si può provocare la malattia senza ricorrere alla inoculazione; basta depositare delle ali secche del Pappagallo infetto nel fondo della gabbia di altro animale, perchè questo muoia in meno di venti giorni.

Le esperienze praticate in tal modo dal Nocard costituirono il quadro completo della enterite dei Pappagalli.

L'animale dopo 10 giorni diveniva triste, sonnolento, rifiutava il vitto, poi cadeva in una immobilità completa, le piume erette, le ali cadenti; aveva continua diarrea ed al 20° giorno giungeva inesorabile la morte. Nella autopsia si ebbero lesioni come quelle degli animali inoculati: congestione emorragica generale, fegato, milza e reni rammolliti contenenti allo stato di purezza il Bacillo descritto. Negli Uomini affetti da psittaccosi, durante l'epidemia di Firenze, non fu riscontrato dal Nocard, dal Malenchini e dal Palamidessi questo batterio; però questi due ultimi autori (come già dal Gaston e dal Ritter era stato dimostrato) riscontrarono un Diplococco con i caratteri di quello della polmonite, avendo però delle note differenziali in riguardo alla virulenza dell' ordinario agente della polmonite.

Solo tre anni più tardi il Gilbert ed il Fournier riuscirono ad ottenere dal sangue del cuore di un individuo morto di psittaccosi il Bacillo di Nocard e lo trovarono eziandio negli organi dei Pappagalli ammalati. Quei due autori però constatarono, oltre alle note stabilite dal Nocard, delle altre, che l'assomigliavano al Bacterium coli ed al Bacillus typhosus cioè l'assenza di reazione dell' indolo, la mobilità dovuta a 10 o 12 flagelli, la disposizione simile al Bacterium coli sulle patate. Ma notarono pure che se ne differenziava per il minimo potere agglutinante, per l'altissimo potere patogeno sugli animali, non che per la resistenza ai succhi digerenti ed allo essiccamento.

Inoltre si sviluppava anche sopra colture di tifo antiche e sopra

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